Nel corso della giornata di ieri il petrolio ha visto le proprie quotazioni salire in forte rialzo dopo le dichiarazioni di parte russa circa un accordo per un taglio della produzione petrolifera: un elemento sul quale gli stakeholders di tutto il mondo focalizzano da tempo la propria attenzione, e che potrebbe essere la giusta leva per poter riequilibrare un comparto, quello petrolifero, che da troppo tempo soffre di un eccesso di offerta.
I Paesi OPEC prevedono in merito di concordare un taglio nel prossimo incontro di fine novembre a Vienna, dove ha sede ufficiale l’organizzazione, con un obiettivo di scendere in un intervallo tra 32,5 milioni di barili al giorno e 33,0 milioni di barili al giorno dall’attuale livello di 33,6 milioni di barili al giorno. Non si tratterebbe probabilmente di un accordo “risolutivo” delle difficoltà del mercato del greggio, ma quanto meno di un buon passo in avanti. Su questo quadro il WTI è salito ieri quasi il 2 per cento oltre i 50 dollari al barile, +1,5 per cento per il Brent a ridosso dei 53 dollari al barile.
Sul fronte dei cambi, ieri il dollaro ha performato in rialzo, ma sotto ai massimi a due mesi nei confronti delle principali valute. La sterlina resta debole ancora penalizzata dai timori di un’uscita dall’Unione Europea repentina e violenta e non riesce a recuperare i livelli post-errore tecnico sui mercati astici. Tra le “curiosità” del momento, il fatto che il il peso messicano abbia guadagnato diversi punti percentuali nei confronti di tutte le principali valute di riferimento. Merito del risultato del faccia a faccia fra Trump e la Clinton che ha visto la vittoria di quest’ultima, almeno a giudicare dalle reazioni di stampa. Trump è, infatti, promotore della costruzione di un muro al confine col Messico e della rinegoziazione del trattato di libero scambio nell’area Centro-Nord Americana…