Un quadro che ci racconta l’aldilà: L’isola dei morti

Alte_Nationalgalerie,_Arnold_Böcklin,_die_Toteninsel-minIl pittore svizzero Arnold  Böcklin è stato capace di realizzare un dipinto capace di ipnotizzare. Essendo lui un simbolista, nel corso della sua carriera ha realizzato molte opere enigmatiche, ma L’isola dei morti è senza dubbio la più famosa, realizzata alla fine del 1800. Il tema della morte nell’arte è ricorrente, ed è stato spesso sfruttato da un lato per sensibilizzare verso una fase della nostra vita che non riusciamo totalmente ad accettare, dall’altro perché la morte ha un gusto altamente enigmatico, quindi risulta interessante agli occhi di chi guarda. L’artista realizzò di quest’opera almeno cinque versioni, che sono tutte custodite nei musei internazionali più prestigiosi. La versione più famosa affascina e rapisce, perché ci proietta in un ambiente metafisico: ci sono rocce, un folto gruppo di cipressi e una barca nell’acqua con sopra un bianco personaggio. Il pittore vuole farci sentire il silenzio e l’immobilità della morte, ma anche questo tetro fascino che quasi ci allieta. Forse il pittore voleva parlarci diversamente della morte, rispetto all’immagine canonica carica di dolore: qui regna la pace.

L’isola dei vivi

L’artista, nato a Basilea, ha studiato arte in Germania, per poi trasferirsi nella bellissima Roma, in Italia, dove visse in armonia con sua moglie, di umili origini romane. A Roma attirò molti artisti internazionali e, dopo essersi stabilito a Firenze definitivamente, venne battezzato come uno dei primi esponenti del Simbolismo. La sua esperienza con l’aldilà era stata fortemente segnata dalla perdita di due figli, uno di 6 e l’altro di 12 anni. Si suppone dunque che nel quadro L’isola dei morti, lui si fosse identificato come il traghettatore, cupo nella sua realtà genitoriale finita in tragedia. Nonostante questa interpretazione, l’artista ha comunque concepito un’opera nel 1888 che ribalta il primo dipinto: L’isola dei vivi, un olio su mogano che ritrae quasi un’isola paradisiaca, dove in maniera opposta all’isola dei morti, ci regala un paesaggio che non ci spaventa, ma che ci infonde tanta gioia, specialmente per l’uso serafico dei colori.

La percezione sociale della morte

Affrontare un lutto nella maggior parte dei casi, è un’esperienza piuttosto traumatica. La nostra cultura sociale, ci ha insegnato ad avere paura della morte, a vederla come un punto di non ritorno. Molte altre culture, come quella induista invece, opposta a quella europea, vede nella morte una nuova possibilità, una fase della vita al pari della nascita e della crescita. Per metabolizzare la morte, la nostra cultura ha addirittura istituito delle onoranze funebre per razionalizzare il processo. Le onoranze funebri a Roma come Cattolica San Lorenzo, nascono a supporto di tutte quelle famiglie che devono gestire un lutto. Chi è coinvolto emotivamente dalla morte, non ha la lucidità di pensare ai preparativi che sottendono un funerale, per questo motivo abbiamo le onoranze funebri. Non essendo noi dei simbolisti come Arnold Böcklin, dobbiamo affidarci ad un’immagine della morte che dobbiamo costruire da soli o con l’aiuto delle onoranze, affrontandola e reagendo, allontanandoci dall’idea che la morte sia un punto ed abbracciando più l’immaginario dell’artista, per cui la morte è una nuova pagina inaspettata che forse può anche regalarci serenità.

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