Nella lotta tra il passato (o il vintage) e il moderno, un colpo sembra esser stato messo a segno dal primo. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sono infatti piuttosto chiari: se infatti è vero che la musica sta crescendo grazie al digitale e il fatturato totale del 2015 è stato di 7,02 miliardi di dollari, è anche vero che un incremento di poco inferiore all’1% sul 2014, impedisce all’online di colmare il vuoto lasciato dai supporti fisici.
Ad occuparsi di ciò è stato – ma non solo – il quotidiano Italia Oggi, secondo cui YouTube e gli altri servizi on demand con la pubblicità come Vevo o Spotify gratuito, frutterebbero al mercato americano della musica 385 milioni di dollari, contro i 416 milioni dalle vendite di vinile, supporto vecchio ma che sta avendo un ritorno di fiamma presso i consumatori e dà ancora la sua soddisfazione, e non solamente tra i nostalgici.
Naturalmente, quanto sopra non sta a significare che lo streaming non sia un successo, anzi. Sono proprio gli stessi dati a rilevare che tale comparto sia quello che raccoglie la fetta maggiore in termini di ricavi: la quota sul totale del mercato è del 34,3 per cento, pari a 2,4 miliardi di dollari superiore al download digitale che ha una quota del 34 per cento, mentre i supporti fisici restano al 28,8 per cento.
Per i produttori, però, il digitale rimane molto meno redditizio rispetto al supporto fisico. Per Billboard, ad esempio, sarebbe emerso che i ricavi per streaming per ciascun brano (ovvero quanto le etichette vengono pagate per canzone ascoltata dall’utente) sono calati del 24 per cento a 0,506 centesimi…