L’etica nella finanza

L’etica nella finanzia è quella materia che si occupa della questione di come i criteri che riflettono l’interesse generale e che eccedono gli obblighi formali legali o contrattuali vengono incorporati nelle decisioni finanziarie aziendali.

Le principali aree di applicazione dell’etica nella finanza sono la retribuzione e il comportamento degli “agenti”, l’asimmetria informativa e la divulgazione delle informazioni, nonché il grado in cui le considerazioni etiche vengono valutate nei mercati dei capitali e nelle valutazioni interne degli investimenti delle società.

Le preoccupazioni etiche hanno una lunga storia nella finanza, sia teorica, come esemplificato negli scritti di Adam Smith, il padre dell’economia di mercato, sia pratica, come testimoniano le imprese del XVIII e XIX secolo come Cadbury’s, Clarks, o Rowntrees, rinomate per la cura dei dipendenti.

Anche se tradizionalmente motivata  da credenze molto frammentate in ambito internazionali, la posizione etica delle aziende moderne è più probabilmente motivata dalle preoccupazioni per l’ambiente, la giustizia, le pari opportunità e i diritti umani e degli animali.

Le preoccupazioni etiche sono in qualche modo in contrasto con la teoria della finanza, che si basa sul presupposto fondamentale della massimizzazione del profitto o della massimizzazione del valore per gli azionisti.  In pratica, molte aziende adottano politiche che sembrano sacrificare i profitti per altri obiettivi, tra cui la stima o la reputazione, il dovere o la responsabilità pubblica o che riflettono una cultura aziendale in cui non si cerca di ottenere alcun vantaggio che imponga perdite indebite agli stakeholder, come clienti, fornitori o dipendenti, che non hanno il potere contrattuale di imporre tale considerazione.

La prova che il comportamento etico non sia coerente con le varie versioni del paradigma della massimizzazione della ricchezza utilizzato nella finanza è più elusiva.  Se le imprese spesso sacrificano le opportunità di profitto disponibili in riconoscimento delle perdite che esse implicano per altre parti, o impediscono la scelta dell’azionista distribuendo i fondi degli azionisti a cause caritatevoli o a fornitori svantaggiati, allora la massimizzazione del profitto non sembra plausibile come unico o addirittura principale elemento della funzione oggettiva.

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